ebaut mi

Mi chiamo stresserentola, ma questo è già chiaro dal titolo del mio blog, la mia storia comincia dove le altre si concludono e cioè dopo il ....e vissero per sempre felici e contenti...
sono sposata, felicemente e da tempo immemorabile con Amò e abbiamo due bambini tuofiglio e tuafiglia a cui ci imputiamo maternità e paternità secondo le peculiarità che vengono fuori di volta in volta.....
abitiamo a Palermo e Lady Mora è la nostra casa, un cantiere perennemente aperto ......
Bhè che altro dirvi, se avete voglia di sapere altro seguitemi....



e se invece volete scrivermi.... stresserentola@libero.it



che dite ... ci vediamo alla prossima?

Lettori fissi

sabato 20 ottobre 2012

E' normale che sia per sempre

il 21 ottobre è il mio compleanno
stavo scrivendo un post
fatto di bilanci, di sogni realizzati e da realizzare
un post sincero e senza fronzoli dove Bea si toglie la maschera di Stresserentola e si confessa per quella che è
ma poi mi è arrivato questo regalo
una favola
mi è stata regalata una favola
scritta da una persona speciale
si chiama Sofia e non ha solo talento
ma  ha anche un cuore grande
e un'anima infinita.
Amo questo posto e ne sono anche gelosa
per questo sono pochi a sapere della sua esistenza
lo tengo nascosto e custodito come si fa con una cosa preziosa
per questo credo che sia il posto giusto 
per far vivere la mia favola
Sofia....grazie

E' normale che sia per sempre
di Sofia Muscato

C’era una volta
una principessa che si vestiva di quotidianità per fuggire dall’inganno del “Per sempre”.
A questa principessa, le favole facevano schifo.
Perché sono rosa, piene di lustrini e non raccontano mai cosa c’è dietro quel “E vissero tutti felici e contenti!”
“Le favole sono la morfina degli idioti!” gridava e, nel frattempo, si strappava il diadema e il mantello.
Questa principessa non voleva essere una principessa.
Sparava alle fate. Schiacciava i folletti. Impalava i maghi.
Una volta le si avvicinò un principe su un cavallo bianco e lei gli diede dell’omosessuale.
Una notte, di quelle con le stelle, le apparve in sogno una ninfa dei boschi e lei se la cazziò perché le aveva fatto venire il mal di testa.
Un giorno, che non la vedeva nessuno, questa principessa decise di uscire dal libro dov’era rinchiusa e strappò le pagine della storia che altri avevano scritto per lei.
Squarciò la copertina, fece un respiro profondo e saltò nel mondo reale.
Fu così che si ritrovò nella terra del “non definito”: quella dove i sogni non esistono e non esistono nemmeno le magie.
Iniziò a camminare senza conoscere la meta.
E ad ogni passo perdeva il ricordo della favola che l’aveva imprigionata.
Vide il mare e pensò che era decisamente meglio della foresta dove aveva vissuto fino ad allora. E più che lo guardava, più che gli occhi le divennero dello stesso colore.
Vide il sole e rilevò che non era giallo come glielo avevano disegnato. Il sole era luce. Luce e basta. E i suoi capelli ne catturarono il riflesso.
Fece molta strada e vide le case, che non erano come il castello in cui aveva abitato: erano più piccole, quindi più facili da riscaldare e da pulire.
Vide le strade asfaltate, ben lontane dai sentieri di montagna dove l’avevano mandata a parlare con gli animali.
Vide anche le macchine e i motori che erano più ingombranti dei cavalli ma, almeno, si muovevano più velocemente e non producevano cacca.
Imparò a dire “Minchia” e “Vaffanculo”. “Acciperbolina” e “Perdindirindina” sparirono dal suo vocabolario.
Iniziò pure a fare una cosa che le principesse non fanno mai: Iniziò a lavorare.
E pensò che, in effetti, quello se lo sarebbe risparmiato. Ma era il prezzo da pagare per sopravvivere nella terra del “non definito”, quindi, di malavoglia, tutte le mattine, si alzava per scomparire dietro carte sempre uguali e gesti già noti.
“Poco male” pensava “La Bella Addormentata ricamava. A me è finita meglio!”
E poi aggiungeva un “vaffanculo!”al suo pensiero, così… perché era coreografico e rendeva l’idea.
Un giorno, la principessa si sposò. E riconobbe in un principe sulla moto, il suo ideale di uomo. Si sposò e capì che l’amore non era solo decorato di rose. Non la sfiorò mai l’idea che un legame potesse essere “Per sempre”.
Perché il “Per sempre” non esiste.
Il “Per sempre” è per quelli che non hanno presente.
E lei, invece, voleva solo vivere di presente, raccoglierlo a piene mani e farne scorta.
Ebbe anche due figli.
Il primogenito non venne esposto sulla Rupe dei Re, né vennero lanciate lanterne, su nel cielo, il giorno che nacque. Lei si limitò a partorirlo nel dolore, come tutte le donne, ed ebbe anche la depressione post partum.
La secondogenita sembrava una piccola dea. Era bionda con gli occhi azzurri. Lei la guardò e si rivide molto in quella figlia. Lungi dall’affidarla a una fata madrina, se la tenne tutta per sé. E se la tenne stretta al cuore fino al giorno in cui la bambina finalmente rise.
E quel giorno, per festeggiare l’evento, lei non diede un ballo. Si limitò a distruggere un camion giocattolo.
Sì. Quella era una famiglia molto strana, in effetti.
Ma era reale. Senza erre maiuscola.
Era fatta di sveglie mattutine a base di latte e biscotti, caffè e brioches. Decorata da pranzi e pappine, da pannolini e biancheria intima.
Era una famiglia.
Un micro mondo fatto di regole e confini.
Sì, confini. Quelle sottili linee impercettibili agli occhi ma in grado di creare profondi solchi tra una dimensione e l’altra. Mura dell’anima, mura del cuore, mura di una casa.
E lei, tra quelle mura, aveva creato la sua storia, dettato le sue leggi e imposto le sue regole.
C’era la durezza della vita tra quelle mura, ma anche l’arte del sogno e la dolcezza che la terra del “non definito” non erano riuscite a strapparle di dosso.
La dolcezza era lì: nello sguardo che destinava ai figli prima che uscissero da casa, nel bacio che regalava al marito prima che scendesse a lavorare, nell’albero di Natale decorato con la pasta, nelle cornici d’argento che consegnavano al futuro i sorrisi del presente.
E le bastava quello per sapere che il giorno che aveva deciso di uscire da quella insulsa favola, aveva fatto la cosa giusta.
Una mattina mentre si dimenava tra lavoro, traffico e spesa, si fermò improvvisamente.
Le gambe non rispondevano ai suoi ordini.
“Cazzo, muoviti!” s’ intimava mentre la assaliva la paura.
Ma niente. Non succedeva niente.
Era immobile. Bloccata.
E anche le braccia cominciarono a irrigidirsi.
E anche la testa.
E gli occhi le divennero grigi.
E i capelli le divennero bianchi.
“Che cazzo sta succedendo?” gridava.
Ma non la sentiva nessuno.
Nessuno.
Tutti si comportavano come se lei fosse quella di sempre.
Come se le gambe fossero solo appesantite dalla fatica.
Come se quei capelli fossero la giusta conseguenza del tempo che passava.
Come se quegli occhi fossero solo stanchi.
Come se le mani potessero fare ancora cose semplici. Come è semplice scrivere.
Pietrificata, mentre il mondo le si muoveva attorno alla velocità di sempre, ebbe solo la forza di chiudere gli occhi. Quegli occhi abituati a vigilare su tutto, un giorno si piegarono su loro stessi e prima che si chiudessero del tutto si sentì pervasa dal senso di colpa.
Chi avrebbe vigilato sui suoi figli?
E il suo Principe sulla moto? Chi si sarebbe presa cura di lui?
Ma lei non ce la faceva.
Cazzo non ce la faceva.
E non era colpa sua.
Lei chiudeva gli occhi perché non poteva fare diversamente.
Lei chiudeva gli occhi perché le sanguinavano se li teneva aperti.
Cadde in un sonno profondo.
Cadde fino a perdersi in meandri sconosciuti e tutto era sempre più buio e tutto era sempre più nero.
Ma, finalmente, in mezzo a quelle ombre, riuscì a distinguere delle immagini e quando, lentamente, riprese coscienza, si ritrovò sospesa nell’aria e seduta su un filo d’argento che univa due stelle.
E lì si accorse di non essere da sola. Accanto a lei c’era una bambina dai lunghi capelli scuri e con due occhi da cerbiatta.
Era vestita da Principessa ed era strano, perché non era carnevale e non le sembrava di certo il posto migliore per indire una festa in maschera.
“Chi sei?” le chiese con un fil di voce.
“Ciao, io sono Sofia, ho trent’anni e voglio fare la Principessa. Scappo dalla terra del “non definito” perché mi fa paura. Sto cercando una favola tutta mia per restarci dentro il più possibile. E tu chi sei?”
“Io sono Beatrice ho 37 anni e le principesse mi fanno schifo!”
“Ah, bene! Perché le Principesse ti fanno schifo?”
“Perché il rosa è un colore inutile. Perché i principi sono tutti frosci e perché le canzoni dei cartoni animati mi fanno venire il vomito!”
“Non hai mai letto una favola?”
“No. Ai miei figli, la sera, prima che si addormentino, leggo Bukowski”
“Ah… e scusa, se non hai mai letto una favola, come fai a sapere che fanno tutte schifo?”
“Perché io, da una favola, ci sono scappata. E lo so come funziona. Non è né vero, né bello.
Ѐ solo una perdita di tempo. E il tempo è prezioso, perché non esiste una cosa che duri “Per sempre”.
“Non esiste il “per sempre”? Ma vuoi scherzare, spero! L’amore è per sempre! L’amicizia è per sempre! I sogni sono per sempre!”
“Minchiate! Esiste quello che puoi permetterti ora. Adesso. Non domani. Non fra tre giorni. Ora!”
“Che vita triste che hai!”
“Sempre meglio della tua!”
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia guardava le stelle e le indicava col dito. Beatrice cercava di trovare una corda per scendere su qualcosa di stabile. Le dava fastidio tutta quella precarietà. Su di un filo d’argento appeso tra due stelle stava, veramente, di merda.
“Cos’è, hai paura?” La voce squillante di Sofia rimbombò nel silenzio cosmico.
“Non ho paura.
Ѐ solo che voglio scendere!”
“Hai paura”
“No, voglio solo scendere!”
“Senti, lo capisco… non è facile stare sospese a mezz’aria. Ma, alla fine, se ci fai l’abitudine, diventa anche divertente!”
“Che cazzo c’è di divertente quassù?”
“Beh, per esempio, si vedono una serie di cose che sono difficilmente individuabili dal basso… tipo le comete, tipo la Via Lattea, tipo i pianeti! Ah e dimenticavo… Da quassù puoi vedere meglio anche la terra!”
 “A me viene solo da vomitare. Soffro di vertigini! Dimmi come cazzo si scende!”
“ E poi, da qui, sei più vicina a Dio e lui ti sente meglio!”
“Tu sei strana. Sei strana forte. Senti, a me, Dio non mi ha mai sentita. Quello non sente nessuno.
Ѐ per i fatti suoi!”
“A me, ogni tanto mi sente. E quando non mi sente, mi arrabbio”
“Ecco, brava, incazzati tu per tutt’e due che, a me, pure incazzarmi mi viene difficile!”
“Tu sei strana. Sei strana forte…”
“Zitta e fammi scendere”
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia faceva penzolare i piedi e Beatrice calcolava la massa delle stelle per capire per quanto ancora potevano reggere il suo peso.
“Sei sposata?” chiese Sofia. E la sua voce rimbombò nel buio cosmico.
“Sì, sono sposata”
“Ah… e com’è?”
“Com’è cosa?”
“Quando una è sposata…”
“Normale. Come vuoi che sia!”
“Normale? Che significa normale? Voglio dire… se un uomo decide che sei tu la donna che vuole accanto per tutta la vita, non è solo normale.
Ѐ romantico. Ѐ bellissimo…”
Ѐ normale, invece!”
“Forse per te…”
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia tirava la coda a una cometa. Beatrice guardava in basso.
“Mi racconti come hai capito che era l’uomo giusto?” chiese Sofia. E la sua voce rimbombò nel buio cosmico.
Beatrice accennò un sorriso.
“Vuoi sapere come ho capito che era l’uomo che volevo sposare?”
“Sì…”
“Perché mio marito è sempre stato un uomo semplice. Non ha mai usato molte parole e non ha mai fatto grandi discorsi, ma tutte le volte che mi ha guardata, mi ha guardata come se fossi l’unica donna al mondo. Non so come ha fatto, ma da subito ha intuito i miei pensieri e, dopo anni di matrimonio, alla fine di una lunga giornata, ancora oggi, quando mi ritiro a casa,  so che tra quelle mura c’è l’unico uomo che riesce a capirmi…”
“Bello…”
“Ha contenuto la mia pazzia. Mi ha dato la sicurezza e la tranquillità che altri non hanno saputo darmi. E poi con lui rido e se ci sono giorni in cui mi vede nervosa, mi da anche la possibilità di gridare…”
“Bello…”
“E poi mi ha sempre presa in giro. Con lui, tutto si è trasformato in qualcosa di più divertente.
Ѐ sempre stato dalla mia parte, sempre. Lui mi ha accettata per quello che sono ed è un uomo generoso, uno che non si risparmia mai. Per questo lo amo: perché mi da la possibilità di amarlo e di amarmi mentre amo lui…”
“Bello…”
“Già… bello…”
“Bello è qualcosa di più rispetto a ‘normale’… lo sai vero?”
“Lo so… ma non c’avevo mai fatto caso…”
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia modellava le nuvole. Beatrice calcolava la pressione atmosferica per capire se poteva lanciarsi o meno da lassù.
“Mi dici cosa si prova quando qualcuno ti ama?” chiese Sofia. La sua voce rimbombò nel buio cosmico.
“Perché non lo sai?”
“No… A me non mi ha mai amata nessuno…”
Ѐ normale…”
“Normale è un termine che non puoi usare, va bene?”
“Va bene… rompicoglioni…”
“Cosa si prova quando qualcuno ti ama… Non lo so.
Ѐ una vertigine costante. Ѐ come trovare un cuore dove puoi sempre sentirti a casa. Ѐ come quando sai che, nel bene e nel male c’è sempre qualcuno che è pronto ad apparecchiare una tavola per due persone. E una di quelle due persone sei tu. Ѐ come non stare mai a digiuno. Ѐ anche difficile, sai? A volte senti la responsabilità di un abbraccio, di una parola, di una persona e sai che l’ultima cosa che vuoi è fargli del male. Difendi un sorriso, difendi una carezza, difendi e lotti perché sai che l’amore che quella persona rappresenta è il tuo pranzo, la tua cena, il motivo senza il quale non vai avanti…”
“Caspita, dev’essere una bella sensazione…”
Ѐ più che bella… è la cosa che ti fa sentire viva in mezzo a un terremoto… Ѐ come quando scrivi e hai sempre parole nuove…”
“Ah ecco…”
“Io prima scrivevo tanto… ora un po’meno…”
“Perché?”
“Perché ci sono tante cose da attenzionare e non riesco a seguirle tutte…”
“Ti manca scrivere?”
“Come a te manca l’amore…”
“Capisco…”
“E tu come mai non hai un uomo?”
“Un Principe, vuoi dire…”
“Sì, un principe… quello che è…”
“E non lo so… forse sono difettosa. Ne avevo trovato uno. Una volta mi ha portata al mare, al tramonto. Ero felice. Pensavo che fosse arrivato il mio turno per la gioia. Ma niente… se n’è andato. Io per non piangere, mi sono rifugiata su una stella… cerco una favola dove ripararmi… una favola dove alla fine i mostri muoiono e il Principe salva la Principessa…”
“Tesoro mio… non esiste un solo principe nella vita… a volte, dobbiamo cercare a lungo prima di trovarne uno che sia all’altezza… A volte, scappare dalla realtà è la soluzione più immediata, ma non è la migliore. Vivere, alla fine, è facile. Amare è una questione di fortuna, ma puoi farcela… devi solo ricordarti di volerti un gran bene…”
“E tu? Tu ti vuoi bene?” chiese Sofia singhiozzando.
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia piangeva e Beatrice pure.
“Perché piangi?” chiese Sofia. Il suo silenzio rimbombò nel vuoto cosmico.
“Non lo so…”
“Io piango perché forse non mi voglio tanto bene…”
“Già… nemmeno io mi voglio un gran bene…”
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia si asciugava le lacrime col mantello e Beatrice prese in prestito il mantello di Sofia e ci si asciugò il naso.
“Senti, ho un’idea…” disse Sofia. E la sua voce rimbombò nel vuoto cosmico.
“Che dici se adesso tu mi insegni come si fa la donna?”
“Io ti dovrei insegnare come si fa la donna?”
“Sì… tu la sai fare…”
“Vuoi che ti insegni come si fa la donna? Ma è da pazzi! Tu sei già una donna! Tu dovresti solo imparare a guardarti meglio. Sei così straordinaria…”
“Dici davvero?”
“Sì. Sei un po’pazza, ma straordinaria! E io mi impegnerò a ricordartelo ogni giorno, così tu, la prossima volta che ti si avvicinerà un uomo, prima di confonderlo col Principe Azzurro, imparerai a chiederti se ti merita. Perché una donna straordinaria non può accontentarsi del primo che passa. Una donna straordinaria deve imparare a pretendere. Ok?”
“Va bene…” rispose Sofia, accennando un sorriso.
“Ah, senti, piccola pazza io ti porto con me nella terra del “non definito” solo se tu me l’arredi con tanti piccoli sogni e qualche lustrino, va bene?”
“Fammi capire, che vuoi di preciso?”
“Non pensavo che l’avrei mai detto, ma io… io… io voglio una favola…”
“Tu hai già la tua favola. Sei una donna caparbia, volitiva. Porti avanti una famiglia. Hai dei figli. Le tue mani non sono così diverse da quelle di Dio perché tu puoi creare tante piccole storie e puoi riscrivere mille volte la tua. Hai ragione. Tu non hai un Principe Azzurro. Tu hai qualcosa di più. Tu hai un uomo. E gli uomini sono mancanti, sono carenti, sono fallibili. Ma hanno un dono rispetto a chi non sa cosa significa cadere: sanno cosa significa ‘ricostruire’. E questo li rende più forti, nella debolezza, li rende più forti.
Ѐ molto più difficile vivere una tacca un po’più giù del cielo che fare il supereroe. Bea, tu sai cos’è l’amore. E sai che l’amore è ciò che ti tiene in vita anche sotto le macerie…”
“Sì… ora lo so…grazie!” disse Beatrice piangendo.
Restarono in silenzio per un po’.
Sofia fece una scala di stelle e lasciò che Beatrice piangesse più a lungo possibile.
“Allora, scendiamo?”chiese Sofia. E la sua voce rimbombò nel vuoto cosmico.
“Sì. Ma prima promettiamoci che ci incontreremo qui tutte le volte che vorremo…”
“Non hai più le vertigini?”
“No. Ho voglia di giocare con le stelle!”
“Va bene. Tutte le volte che vorremo… Andiamo?”
“Dopo di lei, Principessa…”
“Bea, prima di scendere, un’ultima cosa: Siamo amiche?”
“Sì, tesoro mio… è normale!”
“Già è normale!”
“Sofia, siamo amiche!”
“Per sempre?”
“Per sempre…”


18 commenti:

  1. Risposte
    1. ti rendi conto che Anonimo e Keel nella stressa frase è un anacronismo?
      <3

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  2. Mamma mia che emozione!
    La prima, quando ho visto il tuo aggiornamento.
    La seconda, questa favola.
    Sensibile, profonda, a tratti sospesa e, alla fine, tremendamente reale.
    La tua amica ti ha fatto un bellissimo regalo.
    Auguri di cuore.
    Che quest'anno ti porti quel pezzetto di gioia che ancora ti manca.
    In fondo, è normale.

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    1. che le tue parole arrivino in cielo dolce Ata
      sono fortuna Ata
      ho tante persone che mi vogliono bene e che mi sono Amiche
      e se anche non ci conosciamo "dal vivo" sento che tu ne fai parte!

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  3. SOFIA e BEA: Siete Speciali! <3

    Ori Cri

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  4. Che incanto di favola! Tanti auguri di buona vita.

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  5. complimenti a Sofia non solo per la bella favola ma per come ti conosce e ti sostiene.
    Auguri immensi mia carissima. Oggi è il tuo giorno speciale, vivi con gioia qs. e tutti gli altri giorni della tua vita anche se qualche volta, nel cielo azzurro appariranno le nuvole bianche o nere sorridi, continua ad essere come sei, bella, trasparente, spontanea e schietta perchè poi... ritornerà a risplendere il sole.

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    1. Lapina, ci sei sempre tu accanto a me, tu e tante belle e splendide persone che mi fanno vedere il sole anche quando è coperto, e io sono fortunata
      è questa la verità
      <3

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  6. La favola mi ha emozionato tanto.
    Buon compleanno e bentornata!

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    1. Ha emozionato tanto anche me, figurati che dopo averla letto ho pianto per un'ora di fila, un po' piangevo un po' ridevo, come una pazza insomma
      grazie per esser passata e per gli auguri
      vorrei dirti che sono tornata e non andrò via di nuovo ma non lo so se ce la faccio...è difficile
      ci ho provato diverse volte
      ma la scrittura sono io
      e io adesso sono un po' persa
      è inutile fare finta
      è così
      e tanto vale prenderne atto
      troverò la strada prima o poi... forse mi riporterà qui, o forse no
      ma comunque andrà stresserentola e gli abitanti del suo mondo blog saranno sempre parte del mio cuore

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  7. Bentornata cara! Leggerti è sempre un'emozione. Ti abbraccio forte forte.

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    1. Grazie Madamadorè, stavolta l'emozione ce l'ha regalata Sofia che ha scritto questa bellissima favola che mi ha vista protagonista
      ti abbraccio forte forte anch'io

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  8. E' una favola bellissima, non riesco a dire altro, mi ha commossa profondamente, e se davvero Sofia l'ha scritta per te... beh....... un'amica così vale veramente un tesoro.
    Ciao Bea, anche se in ritardo... auguri!!!!!!!

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